“People start companies to become “their own boss” for the same reason — they seek freedom. But in most cases, it’s ironically the exact opposite. As a founder, you’re responsible to your investors (assuming you take money), your team, and your users. There’s no “two week notice” like in a regular job. It’s empowering and scary. Many romanticize startups and ignore this reality when pursuing entrepreneurship. This came at a poignant time for me.” – Startups ≠ Freedom, Ryan Hoover
Mi sono venuti in mente coloro che spesso dicono: “Vabbè, ma tu sei un professionista o un imprenditore, hai la libertà di fare quello che vuoi! Non come me che sono un dipendente!”
Quando ho iniziato a lavorare, sapevo già che non sarei stato un dipendente troppo a lungo e non nascondo che uno dei fattori che mi spingeva era proprio quello di essere libero di poter organizzare il mio tempo e di poter lavorare sulle cose che mi piacevano e che ritenevo importanti.
Volevo essere capace di risolvere problemi stimolanti e di lavorare con le persone che avrei scelto.
Volevo definire i miei tempi, il mio calendario.
Volevo essere libero di dire no a quello che non mi stava bene.
Volevo essere libero di abbracciare le novità, di esplorare e sperimentare.
C’era senza dubbio la libertà e la curiosità di lasciare la strada principale, di esplorare territori e percorsi nuovi, anche facendo scegliere all’istinto la strada da seguire: chissà che cosa troverò dietro quell’angolo, quella curva, o alla fine di quella strada.
Quindi, quando ho lasciato il mio ultimo lavoro e, dopo aver fatto il free lance per alcuni anni, ho deciso di mettere tutto quello che possedevo in Securproject.it (la mia prima azienda), erano questi i sogni che mi spingevano.
In siciliano si dice: “‘cu sta a spiranza di disigni e sonni, tempu perdi, pigghia muschi e malanni“, ossia chi sta a sperare nei progetti e nei sogni, perde tempo e prende mosche e malanni.
Essere il fondatore o il CEO di un’azienda o startup (come volete!) che sta crescendo con le sue forze e che si muove sul mercato ormai da dieci anni è un’esperienza molto diversa.
Sei sommerso di responsabilità a cui non puoi sottrarti e alla fine non sei affatto libero.
Non sei affatto libero di smettere di lavorare con clienti che non sanno nemmeno quello che vogliono, che non ti pagano puntualmente, che cambiano idea. Devi sempre pensare a cosa comporta una tua reazione nella vita delle persone che lavorano con te (e se il cliente non pagherà per il lavoro svolto, e se decide di non continuare a lavorare con noi…).
Non hai la libertà di prendere il tempo per te stesso, perché c’è sempre qualcosa di più importante.
E’ inutile nascondere che avviare un’azienda è un impegno notevole con sé stessi e con gli altri.
Non è minimamente pensabile che si possa mollare tutto da un momento all’altro, quando hai clienti, impiegati, soci che dipendono da te. Volendo fare un paragone, sembra qualcosa di più simile a un matrimonio con figli che ad un lavoro ordinario di un qualsiasi dipendente.
Con ciò non voglio dire che non ne valga la pena, voglio solo dire che non è una passeggiata di salute, che ciò che motiva chi fa impresa non può essere solo il desiderio di libertà.
E’ fondamentale avere cura di quello che si sta costruendo. Per farlo, si è costretti al sacrificio, a dire no a molte cose che si prospettano e che renderebbero la vita personale migliore.
Il segreto è proprio quello di riuscire a fare un percorso senza smettere di divertirsi e di vivere.
E’ importante trovare il modo per trovare energia e soddisfazioni da quello che si sta facendo.
Finora, in un modo o in un altro, io sono riuscito a trovarli nonostante tutto.