Consapevolezza. Secondo il dizionario Treccani, l’esser consapevole è lo stato o la capacità di una persona di percepire, sentire o avere cognizione, coscienza di un evento. Ciò implica avere consapevolezza dei pericoli a cui si può andare incontro, ma anche delle proprie responsabilità se qualcosa non va come dovrebbe.
Qualche sera fa, su RAI 1 c’è stata una bellissima trasmissione sulla Sicilia che ne ha ripercorso le meraviglie e i problemi. Una trasmissione che, dalla Sicilia, andrebbe interpretata in una prospettiva particolare e mi piacerebbe assumesse un senso diverso che nel resto dell’Italia.
Queste occasioni potrebbero accrescere in noi Siciliani la consapevolezza di ciò che la nostra terra può dare, di cosa noi Siciliani possiamo dare alla nazione e di cosa potremmo realizzare, se solo volessimo. E’ emerso che la Sicilia vive di mille problemi innegabili, cronici, irrisolti da decenni, ma, come raramente accade, è anche emerso che malgrado tutto sono in tanti ad aver costruito eccellenze nei più diversi settori.
E’ emerso che spetta certamente alla politica e alle istituzioni creare le infrastrutture e le condizioni minime per fare impresa ma tocca agli imprenditori credere nelle straordinarie potenzialità di quest’area del Paese che ha bisogno di guardare al futuro con fiducia.
E’ stato presentato il caso di Mosaicoon, l’unicorno siciliano, una tessera nel mosaico del Sud che funziona, lavora, produce occupazione e ricchezza per un territorio che ne ha enormemente bisogno. Per chi non la conoscesse, dal servizio può apprezzare una realtà che è cresciuta e si è affermata a livello internazionale.
Gli ingredienti: idee innovative; imprenditori giovani e capaci, pieni di passione e determinazione; un capitale umano di grande qualità dentro un’azienda; attenzione da parte dell’ecosistema e degli investitori; perseveranza emotiva e mentale; un know-how scientifico e tecnologico che può garantire sviluppo e innovazione; duro lavoro e meritocrazia (due parole che talora i nostri conterranei non apprezzano).
Mosaicoon è ovviamente il caso di eccellenza, non è l’unico, ma certamente è un esempio per avviare un percorso di valorizzazione dello straordinario patrimonio della Sicilia. Mosaicoon è un esempio di cose che si possono fare, se si vuole, e questa è senza dubbio una sfida entusiasmante.
La consapevolezza, ossia la cognizione di quello che possiamo fare, è, quindi, fondamentale per alimentare la speranza nel nostro futuro.
Conoscere e testimoniare quello che si può fare potrebbe e dovrebbe essere da stimolo a coloro che vogliono fare. Dovrebbe essere istituzionalizzato nelle scuole e in tutti i contesti in cui si formano i giovani.
Dobbiamo anche avere la consapevolezza che non tutti potremo essere Mosaicoon alla fine. Non tutti saremo unicorni, altri sono chiamati ad essere “corna dura“, gente che lavora e si guadagna ogni singolo centimetro, gente che si spezza ma non si piega, caparbia, che forse non riuscirà ad avere investitori o che opera in un settore meno “cool“. Non importa, in una squadra non si è tutti bomber!
Soprattutto in Sicilia, l’essere imprenditori è molto di più di un bel po’ di citazioni ispiratrici su come raggiungere gli obiettivi che nessun altro ha mai giunto prima o su come darti il coraggio per fare la differenza.
Fare impresa, soprattutto in Sicilia, è una realtà molto diversa, è necessariamente essere “corna dura“.
I limiti del territorio non possono essere una scusa per non fare. Bisogna ricordare che tre su quattro o nove su dieci start-up avranno esito negativo. L’anno scorso, Business Insider ha riportato uno studio in USA che collega l’imprenditorialità alla depressione. Dei 242 imprenditori intervistati, il 49% ha riferito di avere problemi di natura psicologica, e il 30% ha riferito di soffrire di depressione (va ricordato, per confronto, che solo il 7% della popolazione degli Stati Uniti identifica sé stesso come depresso).
Dal quadro del servizio della RAI emerge chiaramente che è difficile essere imprenditori in Sicilia. E’ un qualcosa che travalica la complessità con cui tutti devono confrontarsi quando si lascerà la scrivania aziendale e il senso di sicurezza del lavoro dipendente.
Essere imprenditori in Sicilia (o forse ovunque) richiedere anche un serio lavoro sul proprio carattere e sul proprio modo di relazionarsi agli altri.
Un Siciliano non ama essere messo in discussione, non ama essere respinto o criticato. Questo accadrà appena si presenterà l’idea di business o si tenterà di avvicinare un investitore (io ho sofferto tremendamente a sentire demolire il mio progetto ad ogni “pitch” e a doverlo ripensare cento volte).
Bisogna essere consapevoli che per avere successo è necessario, oltre ad un forte modello di business o un marketing eccezionale, evolvere personalmente, cambiare e crescere.
Bisogna essere consapevoli che il campo di battaglia peggiore è nella tua testa, e che, a volte, è più pericoloso di quello nel mondo degli affari. Quindi, per essere imprenditori è fondamentale essere in contatto con le proprie emozioni e essere pronti a sacrificarsi.
Se riusciamo ad insegnare ai nostri imprenditori tutto questo, potremo davvero dare senso al detto siciliano “per un cornuto, un cornuto e mezzo” ossia, visto che abbiamo subito decenni di torti da parte dei nostri conterranei, dei nostri colonizzatori e da da chi non ci si aspetta, dobbiamo raddoppiare la dose, dobbiamo dimostrare che se vogliamo possiamo fare molto meglio. Dobbiamo dimostrare di essere dotati di una dose supplementare di “cornutaggine“, perchè dovremo combattere con i pregiudizi, con i limiti del nostro territorio, con l’atteggiamento pessimista di coloro che ci circondano e… con la nostra testa.