Corporate e Start-up

Parlare nelle Corporate di #Innovazione fa veramente figo.

Non c’è Corporate, Enterprise, azienda di una certa rilevanza, banca, incubatore, acceleratore che non abbia iniziative rivolte all’innovazione, alle startup e all’intero ecosistema che vi ruota attorno. Si parla di #digitaltransformation, #openinnovation, #4IR (la quarta rivoluzione industriale), #corporateinvesting e via dicendo.

Il clima che si respira nelle grandi città (io ruoto su Londra e Milano) è frizzante, ma anche in “periferia” stanno accadendo cose interessanti.

In UK, i distretti e le università si sono attivate già da tempo per creare centri di competenza sempre più verticalizzati e porre le condizioni necessarie a fare nascere e crescere iniziative rivolte all’innovazione. Il Governo ha definito delle linee guida abbastanza chiare e specificato le direttrici strategiche di investimento governativo.

Ho visitato in questi anni, il centro per la sicurezza informatica di Belfast, i poli tecnologici in Galles (alcuni specializzati sul Life Science Innovation e sul Mobile), il business park di Norwick (fortissimo sulle Medical Devices), per non parlare ovviamente di quello che accade direttamente a Londra.

Anche Milano nell’ultimo anno è diventata molto viva. Non si può ignorare il PoliHub (l’hub del Politecnico di Milano), ma anche le iniziative della Bocconi, il network di Copernico ed H-Farm, oltre ovviamente Unicredit, Banca Intesa…

Persino Palermo ha iniziato a inviare segnali di attività. Dopo “l’isola nel deserto” di Arca (l’incubatore dell’Università di Palermo), stanno iniziando a muoversi altri iniziative. Ultima in ordine di tempo, lo sbarco di Digital Magics. Per pura casualità, sto seguendo con attenzione cosa accade a Caserta, che riesce addirittura ad attirare dei TEDTalkers

Insomma, un po’ dovunque si muove qualcosa e si stanno ponendo delle basi (finalmente anche in Italia) per fare attecchire l’innovazione e renderla parte della nostra catena del valore. Questo vuol dire realizzare ciò che si è ideato, venderlo e creare posti di lavoro per l’imprenditore (o startupper) e per gli altri.

In questo panorama, quello che però emerge con prepotenza (lo stiamo vivendo sulla nostra pelle) è l’impreparazione delle grandi organizzazioni (ossia potenzialmente i clienti o i facilitatori delle iniziative di innovazione) a confrontarsi con realtà piccole e nuove.

La Corporate, l’enterprise e la banca sono costruite per interagire con aziende consolidate, capaci di rispettare le procedure di “compliance” e “governance” interne. Una startup, per definizione, non può rispettare tutti i canoni previsti per i processi di accreditamento con il procurement, semplicemente perchè non ha ancora un’organizzazione “tradizionale” (o forse non l’avrà mai). Quindi, non avere un bilancio o dipendenti (per cui non si dispone di un DURC) o certificazioni (perchè non si dispone ancora dell’oggetto della certificazione) può impedire quel rapporto di collaborazione che può innescare la catena del valore.

Il paradosso è che la snellezza e la velocità sono i motivi per cui le grandi organizzazioni cercano le startup.

Per questi motivi, credo che la de-burocratizzazione di alcuni processi di interazione con l’innovazione sia la sfida dei prossimi mesi per le organizzazioni che vogliono fare open innovation o attingere all’ecosistema delle startup. Trovare il giusto compromesso tra la governance e la compliance interna e le esigenze di flessibilità e velocità che hanno le startup è la vera sfida. Se una Corporate impiega quattro o più mesi per firmare un accordo di partnership, è ovvio che ciò non sarà compatibile con la velocità di evoluzione delle soluzioni nel mercato attuale.

Che fare nel frattempo?

Credo che le startup si trovino ad un bivio importante.

Le grosse Corporate ed enterprise hanno dei fondi anche consistenti, ma non sempre sono agili tanto quanto servirebbe e, in taluni casi, non hanno un vero “committment” all’innovazione. Ho visto situazioni in cui l’innovazione è un pretesto per fare solo “maquillage” del brand: innovare fa figo, tutti lo fanno, non possiamo non esserci. Queste iniziative però non hanno impatto concreto sul mio business, sul mio fatturato e sui miei obiettivi.
Queste forse sono le organizzazioni che meno giovano alla startup.

Se non è convinto chi mette i propri soldi nell’iniziativa, quale beneficio reale potrà ottenerne la startup?
Intendo dire, finiti i soldi, il vero valore della collaborazione con una grossa realtà è quello di poter accedere al suo network di contatti e opportunità.

Prima regola, quindi: stare lontani dalle organizzazioni che non hanno tra i loro obiettivi la generazione di revenue reali dai progetti di open innovation, ergo stare lontani dalle aziende che non vogliono realmente fare soldi con l’innovazione.

Seconda regola: non solo le grandi organizzazioni innovano.

C’è un mondo di aziende medie (anche floride e con budget) che devono innovare o svecchiare i loro processi.
Queste aziende cercano idee “smart” per farlo. Ecco, questo credo sia il filone più interessante e più semplice.
Aziende con processi decisionali snelli, fortemente orientate a non perdere tempo e determinate a fare qualcosa che possa produrre benefici reali al loro business.

Qui il mio punto di vista sull’ecosistema Europeo delle Startup.

Insomma, quello che suggerisco è di non pensare solo ai soldi degli “investitori”.
La startup deve essere capace di distinguere tra i propri potenziali compagni di avventura chi può veramente farla crescere e chi no.
In questo mondo, il denaro ha un odore e quest’odore può cambiare drasticamente il futuro dell’azienda.

You think it will never happen to you, that it cannot happen to you, that you are the only person in the world to whom none of these things will ever happen, and then, one by one, they all begin to happen to you, in the same way they happen to everyone else.” (Paul Auster, Winter Journal)

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Essere imprenditore significa lavorare tanto, pensare sempre alla tua azienda, vivere con la tua creatura in testa giorno e notte. Il mio lavoro e, quindi, questo blog contengono la sintesi e la metafora di una vita vissuta alla ricerca di qualcosa capace di soddisfare la mia curiosità e il mio desiderio di mettermi alla prova senza limiti o preconcetti.